In questa seconda parte dell’intervista, Teresa Manes ci parla di come si sia alzato il livello di attenzione negli ultimi tempi, anche grazie al film e al libro, nei confronti delle tematiche giovanili, del bullismo e del disagio giovanile.
Lei che entra nelle scuole, ha notato più interesse e partecipazione nei confronti del problema del bullismo, da parte dei giovani da quando il film è in programmazione?
Diciamo subito – ci ha spiegato – che l’attenzione verso queste e altre tematiche sociali si può ottenere con i giovani solo quando si rompe il velo della retorica. Portare nelle scuole una voce testimone insieme ad esempi valoriali fa la differenza: i ragazzi sentono parole autentiche, concrete, pronunciate da chi ha vissuto in prima persona situazioni che li riguardano. Se alle parole si aggiunge qualcosa che permette loro di immedesimarsi e di confrontarsi con un’esperienza che si lega al loro vissuto, allora aumenta il coinvolgimento. Con il film Il ragazzo dai pantaloni rosa, si è ricucito uno strappo e si è ripreso un dialogo, e questo non può che portare a progressi nella società.
Un dato interessante emerso dal dialogo è la risposta entusiasta degli studenti: Portare i ragazzi a vedere un film – ha sottolineato – con la scuola può sembrare una cosa normale, ma quello che colpisce è vederli tornare. In molti casi, sono venuti di nuovo al cinema in gruppi o addirittura con la famiglia. Questo è un segnale che dimostra quanto il messaggio abbia toccato le corde giuste.